Nel mezzo della furia della Seconda Guerra Mondiale, mentre gli imperi si scontravano e il Mediterraneo diventava un campo di battaglia di fuoco e acciaio, le isole maltesi rimasero sole, assediate, maltrattate e ribelli. Per anni furono il luogo più bombardato della Terra, una fortezza affamata di rifornimenti, soffocata da incessanti attacchi dell’Asse e lasciata a resistere o cadere dalla propria resistenza.
Ma Malta non cadde.
Durante l’inferno della guerra, la sua gente resistette, spinta non solo dalla strategia militare, ma da una forza più potente delle bombe e dei blocchi: la fede. Pregarono mentre i cieli bruciavano, scavarono rifugi sotto le loro città in frantumi e si aggrapparono alla convinzione che sarebbero sopravvissuti. In cambio, la storia li ricorda non come vittime, ma come vincitori: le isole che non si sarebbero arrese, il popolo che trasformò la sofferenza in forza.
Questa è la loro storia.

Sotto assedio: l’implacabile tempesta della guerra
Tra il 1940 e il 1942, Malta divenne il bersaglio di uno dei più intensi bombardamenti aerei della Seconda Guerra Mondiale. Situate nel cuore del Mediterraneo, le isole erano una roccaforte vitale per gli inglesi, una piattaforma di lancio per le operazioni contro le linee di rifornimento dell’Asse verso il Nord Africa. Ma questo le rese un obiettivo primario per Germania e Italia, che cercavano di conquistare Malta e assicurarsi il controllo del mare.
Per due anni, Malta subì una tempesta di distruzione. La Luftwaffe e la Regia Aeronautica inviarono ondate di bombardieri, determinate a ridurre le isole in rovina. Le città furono rase al suolo, i porti lasciati in fiamme e le linee di rifornimento interrotte. Nell’aprile del 1942, Malta aveva subito un tributo inimmaginabile: oltre 6.700 tonnellate di bombe erano cadute in un solo mese, più di quante ne fossero state sganciate su Londra durante il Blitz.
Eppure, la gente continuò a combattere.
Si ritagliarono una nuova vita sotto terra, trasformando le catacombe in case e i tunnel in ospedali. Razionarono il poco cibo rimasto, condivisero ciò che avevano e tennero duro. Tra le macerie, i preti continuavano a celebrare la messa e i fedeli a riunirsi per pregare, anche se le esplosioni squarciavano il paesaggio.
Poi, il 15 aprile 1942, arrivò un atto di riconoscimento che avrebbe segnato per sempre il posto di Malta nella storia. Re Giorgio VI conferì all’intera popolazione la Croce di Giorgio, la più alta onorificenza civile britannica per il valore, riconoscendo il coraggio collettivo di un’intera nazione. Mai prima d’ora un tale onore era stato conferito a un intero popolo. Oggi, quella croce rimane al centro della bandiera di Malta, un silenzioso ricordo dell’incendio che hanno sopportato.
L’Ordine di Malta: Guarire nel caos
Mentre le bombe cadevano, un’altra forza si muoveva nell’ombra della guerra: il Sovrano Militare Ordine di Malta. La loro missione, sebbene meno pubblicizzata delle battaglie combattute nei cieli, non era meno vitale. Come avevano fatto per secoli, i Cavalieri di Malta divennero guaritori e protettori, curando i feriti, dando rifugio agli sfollati e offrendo speranza dove non ce n’era più.
Con la devastazione delle infrastrutture mediche dell’arcipelago, l’Ordine riprese il suo storico ruolo di guaritore. La Sacra Infermeria, un tempo uno degli ospedali più avanzati d’Europa, riaprì per curare sia i soldati che i civili. In tutta Malta, i membri dell’Ordine contribuirono a convertire antichi tunnel sotterranei in centri medici di fortuna, curando i feriti anche sotto il fragore delle bombe.
Il convoglio di Santa Maria che salvò Malta

A metà del 1942, Malta stava morendo di fame. Il blocco dell’Asse aveva quasi strangolato le isole, lasciando le scorte a livelli critici. Senza rinforzi, l’arcipelago sarebbe presto crollato.
Poi arrivò l’operazione Pedestal, il convoglio di Santa Maria, ribattezzato così in segno di ringraziamento alla Beata Vergine Maria. Un disperato tentativo da parte degli inglesi di rompere il blocco, inviò quattordici navi da rifornimento attraverso le acque controllate dal nemico, sapendo che la maggior parte non avrebbe mai raggiunto la destinazione. Le forze dell’Asse attaccarono senza pietà, affondando nove delle navi. Ma cinque ce la fecero, tra cui l’Ohio, una petroliera che entrò a fatica nel Grand Harbour di La Valletta, con lo scafo in frantumi ma ancora a galla.
Fu sufficiente.
Tra coloro che aiutarono a distribuire il prezioso carico c’erano volontari dell’Ordine di Malta, che si assicurarono che cibo, carburante e medicine raggiungessero coloro che ne avevano più bisogno. L’arrivo del convoglio il 15 agosto, festa dell’Assunzione, fu un segno, un momento in cui l’intervento divino aveva risparmiato ancora una volta le isole.
Malta y el Jubileo: El fuego que no se apagó
Al di là delle coste di Malta, l’Ordine di Malta svolse un altro ruolo, più silenzioso. Nel caos dell’Europa dilaniata dalla guerra, i suoi ospedali e le sue ambasciate divennero rifugi per coloro che fuggivano dalle persecuzioni naziste. A Roma, l’Ordine usò il suo status sovrano per proteggere le famiglie ebree, i dissidenti politici e i prigionieri di guerra alleati, rilasciando documenti falsi e mettendoli al riparo dalla deportazione. In Germania, cavalieri e volontari rischiarono la vita per prendersi cura dei malati nei campi di concentramento, offrendo quel poco di conforto che potevano in un mondo privo di pietà.

La sofferenza del popolo maltese nella seconda guerra mondiale ha un significato profondo nel contesto di un anno giubilare. Il Giubileo è un momento di rinnovamento, di uscita dalle difficoltà per entrare nella grazia. E Malta, più di altri, capisce cosa significa sopravvivere al fuoco e camminare verso la luce.
La sopravvivenza dell’isola non fu solo un trionfo militare, ma anche una testimonianza della resistenza dello spirito umano. Un promemoria che la fede può sopravvivere alla guerra, che la speranza può persistere anche quando il mondo brucia.
Bormla in tempo di guerra: una città sfregiata e tenace
All’inizio del XX secolo, Bormla aveva già subito trasformazioni significative a causa dell’espansione delle infrastrutture navali britanniche. Il cantiere navale della Royal Navy, fondato nel XIX secolo, portò prosperità e una rapida urbanizzazione, ma comportò anche la perdita irreversibile di gran parte del tessuto urbano pre-moderno della città. Qualunque patrimonio sopravvissuto a questa frenesia di sviluppo avrebbe poi rischiato l’annientamento durante la seconda guerra mondiale.
Dal 1940 al 1942, Malta fu una delle regioni più pesantemente bombardate sulla Terra. La sua posizione strategica la rese una base fondamentale per gli Alleati e un obiettivo primario per l’Asse. Bormla, come parte del complesso portuale, subì il peso maggiore di questo attacco aereo. Solo nell’aprile del 1942 caddero su Malta più di 6.700 tonnellate di bombe, devastando città come Bormla, situata in prossimità dei cantieri navali.
La Collegiata dell’Immacolata Concezione, cuore spirituale e architettonico di Bormla, sfuggì per un pelo alla distruzione. Nonostante più di 200 bombe cadute nelle sue immediate vicinanze, la chiesa rimase in piedi. In previsione del peggio, la comunità aveva spostato la venerata statua titolare dell’Immacolata Concezione e la sua pala d’altare nella Basilica di Sant’Elena a Birkirkara per metterle al sicuro. Una volta terminata la guerra, e trovata la chiesa in gran parte intatta, un imponente pellegrinaggio riportò questi oggetti sacri nella loro sede il 19 novembre 1944, un atto simbolico che segnò sia la sopravvivenza che la continuità.
El milagro de la resiliencia

A questa processione del dopoguerra, in seguito nota come Pellegrinaggio Nazionale dell’Immacolata Concezione, hanno partecipato migliaia di persone provenienti da tutta Malta e Gozo. L’evento ha avuto un profondo impatto su una popolazione che aveva vissuto anni di carestia, distruzione e il quasi collasso della vita quotidiana. Nella memoria locale, questo momento è diventato il simbolo non solo della gratitudine spirituale, ma anche dell’incrollabile identità civica di Cospicua.
Sebbene si parli spesso di “miracolo”, il suo vero potere risiede nel modo in cui racchiude una resilienza culturale condivisa, radicata non solo nella fede, ma anche nella resistenza della comunità di fronte alla catastrofe.
Altre vestigia del passato di Bormla non se la sono cavata altrettanto bene. Molte chiese, cappelle e siti religiosi trogloditici, già indeboliti dall’età, furono completamente distrutti o gravemente danneggiati dai bombardamenti aerei. L’antica chiesa di Sant’Elena, con le sue origini del VII secolo e i legami bizantini, fu tra quelle colpite. Sebbene parti dell’architettura trogloditica della chiesa, tra cui il coro e l’abside, siano sopravvissute, la sua struttura è andata in gran parte perduta a causa della guerra.
Il tributo umano fu accompagnato da un’altra perdita più silenziosa: la migrazione di massa. La distruzione di case e industrie, unita all’incertezza economica del dopoguerra, portò a un drastico spostamento della popolazione. La cultura marittima di Bormla, un tempo fiorente, svanì, le sue storie furono preservate meno attraverso il patrimonio edilizio che attraverso la tradizione orale. Come i versi omerici, la memoria della città sopravvisse in frammenti, tramandati di generazione in generazione, sostenuti dalla volontà della comunità piuttosto che dalla pietra.
Sulle orme della resistenza

Oggi Malta è un monumento a coloro che hanno resistito. Le sue fortificazioni, i rifugi sotterranei e persino le chiese portano i segni della guerra, ma sono anche testimoni della sua resilienza.
Passeggiare per La Valletta significa camminare nella storia, sostare nei luoghi in cui una nazione ha rifiutato di cedere. Le gallerie sotto Mdina, le rovine delle cappelle bombardate, i monumenti commemorativi di coloro che hanno tenuto duro: ognuno di essi è una tappa di un pellegrinaggio della memoria.
Visitare la Concattedrale di San Giovanni significa inginocchiarsi dove un tempo i cavalieri pregavano prima della battaglia e dove, secoli dopo, i loro successori si prendevano cura dei feriti di una nuova guerra. Vedere la Croce di San Giorgio, conservata nel Museo Nazionale della Guerra, significa testimoniare l’eredità di un popolo che ha resistito impavido di fronte all’annientamento.
L’eredità di Malta: Una luce che non si è mai spenta
La storia di Malta nella Seconda Guerra Mondiale non è solo una storia di distruzione e sopravvivenza, ma anche una lezione per il mondo. È un promemoria che anche quando la guerra cerca di schiacciare l’anima, la fede e la speranza possono fortificarla. Che quando la storia si trasforma in fuoco e rovina, c’è ancora chi resiste, chi persevera, chi ricostruisce.
E così, Malta rimane ciò che è sempre stata: un faro nel Mediterraneo, una fortezza non solo di pietra, ma di spirito. Le isole che si rifiutarono di arrendersi. Il fuoco che si rifiutò di morire. La luce che ancora arde.
The Great Siege of Malta: A collective pilgrimage of Faith and Resistance